L'attore piemontese ricorda gli insegnamenti di un maestro come Luca Ronconi: “Diceva che gli attori devono essere amici di tutti”. E intanto, sul palcoscenico, si destreggia in tre produzioni distinte... e senza segretaria.
Una carriera costruita muovendosi con disinvoltura tra teatro, cinema e ruoli importanti nelle fiction (da Orgoglio a R.I.S. – Delitti imperfetti, fino al titolo più recente, Sacrificio d’amore): Giorgio Lupano - attualmente in tour accanto a Veronica Pivetti con lo spettacolo ”Viktor und Viktoria”, liberamente ispirato all’omonimo film tedesco degli anni Trenta – sta vivendo un periodo particolarmente impegnativo dal punto di vista professionale.
”La segretaria non ce l’ho”, ammette scherzosamente Giorgio. “Ma questa è un’annata particolarmente fortunata, dal punto di vista teatrale: è abbastanza difficile riuscire a incastrare così tanti spettacoli nella stessa stagione”.
E a proposito dell’altalenante programmazione della fiction di Canale 5, si toglie serenamente qualche sassolino dalla scarpa…
Tre produzioni diverse nell’arco della stessa stagione teatrale: come si fa a gestire questi ritmi?
La vera fortuna è stata che le tre produzioni non si sono sovrapposte, se non durante il periodo di prove di Boeing Boeing, che sono cominciate quando ero già in scena A casa di Nathalie. Provavo durante il giorno e la sera andavo in scena: però “giocavo in casa”, perché tutto è avvenuto a Roma, comprese le prove di Viktor und Viktoria.
Torniamo agi inizi: ti sei diplomato alla Scuola del Teatro Stabile di Torino. Che ricordo hai dei tuoi esordi?
Quello che ho frequentato io nel 1991 era il primo corso per attori della nascente Scuola del Teatro Stabile di Torino, allora diretto da Luca Ronconi. Non posso sicuramente dimenticare che lui è stato un maestro, grande regista e affabulatore, con un forte ascendente su noi ragazzi. E poi mi ricordo l’idea romantica, quasi illusoria, che tutti quanti avevamo di questo lavoro; quando, dopo due anni, abbiamo cominciato a confrontarci con la professione, abbiamo capito che questo lavoro è fatto di tante altre cose, oltre il romanticismo: fatica, studio continuo, prove.
E soprattutto ricordo l’illusione: noi artisti, se siamo fortunati, riusciamo a fare solo ogni tanto qualcosa che si avvicina veramente all’arte; ma il mestiere d’attore non è solo mettere un costume e interpretare un ruolo, è un lavoro che nasce prima delle prove, bisogna anche sapersi destreggiare nel mondo dello spettacolo. Non c’è soltanto il talento, bisogna anche sapersi gestire, proporre e vendere, in un certo senso.
Ronconi, ad esempio, ci diceva ‘Ricordatevi che in questo lavoro dovete essere amici di tutti’. Sembra una frase buttata lì, invece è proprio vero.
Sei partito dalla drammaturgia contemporanea e ora sei arrivato alla commedia con musiche: ti piace la commistione di generi o prediligi un genere in particolare?
Mi piace che si dica di me che posso fare cose diverse. Nel mio lavoro, cerco di differenziare: in Italia c’è una certa tendenza a identificare gli attori in un range di ruoli molto ristretto: spesso e volentieri, mi affidano parti da nobile o da miliardario, esattamente come in Viktor und Viktoria, dove interpreto un conte, che però nasconde un segreto. Devo dire, però, che in questo spettacolo io non canto, perché non sono in grado di farlo sul palcoscenico. Puntualmente ritorno a fare gli stessi personaggi, perché giustamente ognuno deve sempre assecondare la propria fisicità. ma in fondo tutti gli attori desiderano cambiare il più possibile e non essere identificati sempre nello stesso ruolo.
La scelta di questo adattamento teatrale è ispirata a un film degli anni Trenta: va nella direzione di una specifica contaminazione tra teatro e cinema?
Noi non abbiamo mai cercato di ricreare atmosfere cinematografiche sulla scena. Se di contaminazione si può parlare, è solo all’origine dell’operazione: un film ha fatto da ispirazione a un oggetto meramente teatrale. Non credo che ci sia l’intenzione – come invece in altri spettacoli, dove magari vengono utilizzate videoproiezioni – di generare una commistione tra cinema e teatro.
Oltre al teatro, nella tua stagione artistica c’è anche una fiction importante, Sacrificio d’amore: lo slittamento delle restanti puntate della serie in primavera è una mossa strategica o in effetti c'è stato un calo di ascolti?
La serie è stata girata in modo da poter essere interrotta, perché i ventuno episodi che la compongono, in effetti sono tanti: è stato dunque creato un “finale sospeso”, in corrispondenza della nona puntata. Il ragionamento è stato ‘vediamo come va’. È successo, invece, che la programmazione è stata interrotta alla settima puntata.
In effetti, si è trattato di un debutto poco felice, avvenuto l’8 dicembre scorso, un venerdì sera festivo, fuori dal periodo di garanzia , accompagnato da una promozione probabilmente non adeguata. L’interruzione anticipata è stata decisa da chi si occupa di programmazione, gli attori l’hanno semplicemente accettata. La fiction su Canale 5, purtroppo, negli ultimi anni, ha subito una disaffezione del pubblico: mi auguro che presto torni a ottenere grandi risultati.